Gli effetti della crisi
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Circa il 70% delle imprese con 6 addetti ed oltre ha subito una riduzione degli utili e del fatturato; una percentuale leggermente superiore al 60% ha risentito del calo degli ordinativi. Ciò ha comportato, nel 49,4% dei casi, una diminuzione della produzione di beni e/o della fornitura di servizi. Per quanto riguarda le ricadute sul personale, per poco più di un quinto di esse la flessione del numero dei lavoratori presenti nella struttura aziendale è avvenuta mediante il mancato rinnovo dei contratti a termine in scadenza, mentre nel 15,3% dei casi attraverso licenziamenti, individuali e/o collettivi. La crisi sembra aver prodotto un impatto negativo anche sui livelli di investimento in innovazione e in ricerca e sviluppo (circa il 27%). Solo il 15,6% delle imprese ha dichiarato di non aver subito alcun effetto negativo. Il dato relativo agli investimenti in formazione rimane sostanzialmente stabile. Solo una piccola percentuale di imprese ha ritenuto opportuno aumentare gli investimenti per questo settore a seguito della crisi, mentre un terzo di esse ha addirittura ridotto tale spesa, non considerandola evidentemente un volano per uscire dalla crisi, nonostante i finanziamenti previsti per la coniugazione di politiche attive e passive (Accordo Stato-Regioni del febbraio 2009 e legge 2/2009). Sul tema dell’utilizzo della formazione in funzione anticrisi da parte delle aziende, si è in presenza di una netta spaccatura: a fronte di un 50,8% di imprese che non ritengono utile investire nella formazione dei propri addetti, il 49,8% di imprese la ritiene invece necessaria, specie quella di tipo tecnico-specialistico (il 23,9% delle imprese). Le più propense ad investire in formazione in funzione anticrisi sono soprattutto le grandi realtà imprenditoriali. Tuttavia, se si confronta questo dato con quello relativo alle strategie effettivamente adottate, si può constatare come gli investimenti in formazione assieme a quelli in ricerca e sviluppo continuano ad essere il fanalino di coda tra le misure anticrisi preferite dalle aziende stesse. Le misure più diffuse risultano essere la ricerca di nuovi mercati, l’introduzione di innovazioni, l’acquisto di macchinari, attrezzature e software e l’internalizzazione di attività o fasi produttive precedentemente realizzate da terzi. La scelta delle strategie anticrisi sembra indicare un orientamento prevalente da parte delle imprese italiane a considerare fra le cause della recessione economica quelle riconducibili a fattori di mercato interno piuttosto che ad inadeguatezze strutturali del sistema produttivo. Pertanto esse puntano principalmente ad allargare il mercato di riferimento e, solo in seconda battuta, investono sull’ammodernamento dei processi/prodotti e ancor meno sulle risorse umane. |
Quale formazione per contrastare gli effetti della crisi?
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