La bassa propensione delle imprese a formare i propri addetti può essere considerata uno dei fattori che hanno contribuito al rallentamento dell’economia italiana negli ultimi anni. Infatti, i paesi europei dove le imprese sono state più attive nel coinvolgere la forza lavoro occupata in attività di formazione sono stati anche quelli che hanno subito riduzioni del PIL meno pronunciate.
Un aumento della formazione nel nostro Paese potrebbe quindi contrastare gli effetti recessivi causati dalla caduta della domanda aggregata che abitualmente caratterizzano le situazioni di crisi economica.
|
|
---|
Nel 2014 si arresta il trend negativo dell’investimento formativo delle imprese. Nel triennio precedente il tasso di incidenza delle imprese formatrici era passato dal 35% al 22,4%, mentre nel 2014 risale al 23,1%.
La quota di imprese formatrici cresce leggermente nel Nord-ovest (+2%), nel Sud (+1%) e tra le aziende di maggiori dimensioni.
|
|
Le imprese investono in formazione principalmente per aggiornare le mansioni già svolte (+2,4% rispetto al 2013), meno per la formazione dei neoassunti e per la formazione su nuove mansioni. Le imprese preferiscono quindi rafforzare le competenze già presenti in azienda.
Solo le aziende di maggiori dimensioni puntano all’innovazione, investendo sull’immissione di nuove risorse o su nuove competenze: a partire dalle aziende con più di 50 addetti si registra un aumento graduale della formazione rivolta ai neoassunti o funzionale allo svolgimento di nuove mansioni. Ciò è confermato dal dato relativo alle assunzioni previste dalle imprese innovatrici, che assumono di più al crescere della dimensione, rispetto alle imprese che non innovano.
|
|
L’investimento in conoscenza è condizionato dalle caratteristiche strutturali del sistema produttivo, che favoriscono le grandi aziende del Nord, come emerso dall’Indagine ISFOL "INTANGIBLE ASSETS SURVEY": le imprese italiane che hanno investito in attività intangibili (formazione, R&S, software, branding, innovazione organizzativa, design) sono state circa 81 mila (66,8%).
Le strategie di investimento sono eterogenee: il 38% ha scelto di investire in una sola categoria di intangibili, il 25,3% su due, il 18,4% su tre, il 10,9% su quattro e il 7,5% su 5-6 categorie.
La formazione aziendale è l’attività più diffusa (37,8%). Al secondo posto si collocano gli investimenti in immagine e branding (34,4%), seguiti a poca distanza da quelli in software (32,2%). Le restanti attività hanno percentuali molto più basse.
A fronte di un’elevata percentuale di imprese che investe in formazione, la quantità di risorse spese è abbastanza modesta; mentre l’attività di R&S, pur essendo poco diffusa, conferma di essere quella con la spesa media più elevata.
|
|