Capitale umano: nuove chiavi di lettura e prospettive aperte
07.04.2014 - Cos’è il capitale umano e cosa si intende esattamente con questo termine? Quali aspetti della conoscenza e dell'utilizzo di saperi produttivi possono essere considerati investimenti e misurati? In che modo e con quali implicazioni di policy? Le principali componenti del capitale umano possono essere contabilizzate? Con questi e altri interrogativi si sono confrontati gli esperti intervenuti nell’incontro promosso lo scorso 27 marzo dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, a Palazzo Vidoni, a partire dai temi trattati nel volume Capitale umano. Definizione e misurazioni (Cedam). Il testo, a cura di Leonello Tronti, è l’esito del lavoro pluriennale di un gruppo di ricercatori ed è il risultato di un progetto congiunto dell'Istat e dell'Isfol, con il contributo scientifico della Banca d'Italia, della Fondazione Giovanni Agnelli, della Società Italiana di Statistica e dell'Associazione Italiana degli Economisti del Lavoro.
Secondo la definizione fornita dall’Ocse, il capitale umano è costituito dall’insieme delle conoscenze, delle abilità, delle competenze e delle altre caratteristiche individuali che facilitano la creazione del benessere personale, sociale ed economico. La discussione è quindi partita dall'inquadramento del concetto di capitale umano, sottolineando che non c’è ancora una misura statistica condivisa in questo ambito, si è soffermata sugli investimenti in scolarità e competenze, ed ha evidenziato i pregi e limiti del lifetime income approach, il più autorevole e diffuso metodo di stima dello stock di capitale umano oggi in uso, utilizzato tra gli altri dall’Ocse e dall’Istat. Il metodo si basa sulla stima del valore attualizzato dei guadagli futuri dei lavoratori per sesso, età e titolo di studio, tenendo conto della durata della vita attiva residua, della mortalità e della probabilità di inattività o disoccupazione. Si è parlato poi degli sviluppi della ricerca nell’ambito nell’accumulazione e valorizzazione del capitale umano e delle conseguenze nel contesto di organizzazione del lavoro. Tronti ha evidenziato la necessità di investire sui metodi di misurazione del capitale umano, particolarmente importanti per il settore pubblico, in cui è impiegato una gran parte dei diplomati e dei laureati del sistema produttivo nazionale.
A margine dell’incontro, Marco Centra, responsabile del Servizio statistico dell’Isfol e tra gli autori del volume, ha ricordato come l’Isfol abbia condiviso il progetto e contribuito a segnalare il carattere multidimensionale del capitale umano. Al riguardo ha rimarcato che “L’esperienza delle numerose attività di ricerca dell’Isfol conferma che il capitale umano è determinato da una pluralità di fattori, tra i quali i livelli di istruzione e formazione sono alcuni elementi che contribuiscono all’aumento del capitale umano degli individui. Rimane il problema del carattere eterogeneo del capitale umano, delle competenze innate e dei fattori non osservabili e pertanto difficilmente misurabili”. Sul ruolo della pubblica amministrazione ha ricordato che essa “dovrebbe costituire un riferimento paradigmatico, dal momento che è la collettività a dover promuovere l’accrescimento del capitale umano, sia come elemento di aumento del benessere degli individui che come fattore produttivo in grado di sostenere la produttività del lavoro, l’innovazione e la crescita. Un’amministrazione in grado di trovare e diffondere rapidamente soluzioni, standard e procedure di eccellenza non può che apportare vantaggi notevoli alla qualità della funzione pubblica nel suo complesso innescando processi evolutivi nell’intero sistema”.
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