L’affondo dell'Isfol sulla qualità del lavoro
11.03.2016 – “Il Jobs Act può essere letto come strategia progressiva che partendo dalle risultanze empiriche presenti in questo volume cerca di reagire” così il commento di Stefano Sacchi commissario straordinario dell’Isfol ieri, in occasione del dibattito che si è sviluppato attorno alla presentazione del libro “Il lavoro in crisi” avvenuta presso il Dipartimento di scienze sociali ed economiche dell’università la Sapienza di Roma e che ha visto la presenza di Mimmo Carrieri, Paolo Calza Bini e Enrico Pugliese.
Tra gli autori del testo che si propone, da una parte di rileggere alcuni momenti del dibattito sociologico italiano sulle trasformazioni del capitalismo e dei soggetti sociali coinvolti sviluppatosi a partire dagli anni Ottanta sino ad oggi, e dall’altra di analizzare i recenti effetti della globalizzazione sugli individui ci sono anche Francesca Bergamante e Tiziana Canal ricercatrici Isfol esperte delle tematiche del lavoro. Il loro contributo si è concentrato su un aspetto specifico, ossia quello della qualità del lavoro inteso come elemento utile a far luce su alcune dinamiche che caratterizzano il mercato del lavoro italiano e la composizione della forza lavoro. A questo riguardo il quadro restituito è quello di un sistema fortemente segmentato all’interno del quale convivono più mercati, il primo rappresentato dalla componente matura deli lavoratori che si caratterizza per una maggiore stabilità, redditi più elevati e percorsi di carriera fluidi e in linea con la propria formazione e l’altro riguardante i giovani, nel quale prevale l’atipicità contrattuale, la frammentazione delle carriere e un generale mancato riconoscimento dell’investimento in capitale umano sia in termini occupazionali che retributivi. Inoltre Bergamante e Canal rilevano che in Italia l’esperienza di lavoro è l’elemento che, più ancora dell’elevata scolarizzazione, determina maggiore occupabilità ed elevate retribuzioni. In particolare riguardo la componente giovanile, viene messo in evidenza come la maggiore flessibilità richiesta nei rapporti di lavoro segni profondamente le biografie dei lavoratori condizionando alcune scelte personali come l’uscita dalla famiglia d’origine o la decisione di fare figli. Gli studi condotti sulle cosiddette “coppie flessibili” evidenziano una relazione fra precarietà e scelte familiari complessa e multiforme in cui un ruolo fondamentale è giocato dall’ambiente nel quale esse vivono e dal contesto economico e sociale che attraversano. In ogni caso i dati dimostrano che il grado di vulnerabilità economica di questi soggetti è superiore rispetto al resto delle famiglie italiane. “In tale scenario” affermano le ricercatrici dell’Isfol “è necessario richiamare l’attenzione sul nostro sistema di welfare che, anziché offrire sostegno e tutela nei confronti delle persone e della famiglia, continua a considerarla fonte di protezione per l’individuo sino ad espletare, in alcuni casi, la funzione di ammortizzatore sociale.” E concludono “il perdurare della crisi, nonché la crescita dell’instabilità lavorativa, oltre che economica, all’interno dei nuclei familiari pone nuove questioni e richiede che venga posta al centro dell’agenda politica il tema dell’insicurezza sul lavoro e delle difficoltà economiche che con il passare del tempo riguardano fasce sempre più ampie della popolazione”.
Per approfondire:
Terza indagine Isfol sulla qualità del lavoro
Indagine Isfol sulla mobilità geografica dei dottori di ricerca