Seminario Isfol sul capitale umano

Competenze, sviluppo economico e sistema produttivo

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15.11.2011 - L’Isfol torna ad occuparsi di capitale umano. Di quel potenziale di conoscenze, competenze e abilità che ogni individuo ha a disposizione per  muoversi con profitto nella società. La necessità di un confronto è data dall’evidenza che in Italia sembra essersi rallentato quel circolo virtuoso che vede l’investimento in capitale umano una leva fondamentale per il progresso e lo sviluppo economico: una relazione positiva tra incremento dei livelli di istruzione e formazione dei lavoratori ed evoluzione socio economica del paese, che continua a valere nel resto d’Europa.

Occasione della riflessione, è la recente  pubblicazione del volume  Istruzione, formazione e mercato del lavoro: i rendimenti del capitale umano in Italia, edito da Isfol nella collana I libri del Fondo sociale europeo. 
Il volume analizza i rendimenti economici del capitale umano nel contesto più generale della dinamica strutturale del mercato del lavoro. In particolare sviluppa un’analisi sull’evoluzione dei rendimenti salariali e occupazionali dell’istruzione e sulla relazione tra formazione professionale e  performance produttiva delle imprese. 
I dati utilizzati per lo studio, provengono da fonti diverse e raccolgono informazioni sui lavoratori (Indagine sulla Ricchezza delle famiglie della Banca d'Italia, Rilevazione delle Forze lavoro dell'istat, Isfol-Plus, Eurostat) e sulle imprese (RIL Isfol, archivio AIDA, Eurostat).
Nel corso del seminario, dopo l’apertura del Commissario straordinario Isfol Sergio Trevisanato, sono stati illustrati i principali risultati dello studio. Come ha spiegato Andrea Ricci, ricercatore Isfol che ha curato il volume, in Italia si assiste ad un progressivo declino dei premi salariali e ad una compressione delle possibilità di trovare un posto di lavoro di ‘buona qualità’ per i lavoratori con elevati livelli di istruzione. La motivazione del fenomeno va ricercata nel fatto che la domanda di lavoro qualificato espressa dal sistema delle imprese non è in grado assorbire in seppur minimo incremento dell’offerta di lavoro qualificato.
Il volume analizza inoltre l’investimento in formazione,  sia che si tratti di competenze acquisite informalmente sia attraverso apposite attività formative,  mettendolo in relazione con le performance produttive delle imprese. Anche in questo caso l’investimento in formazione non garantisce un miglioramento sensibile delle performance produttive. In particolare, l’utilizzo diffuso dei contratti a tempo determinato, demotiva l’acquisizione di competenze informali da parte del lavoratore e peggiora la produttività dell’azienda. Dunque l’impresa che non ‘fidelizza’ i propri lavoratori, non ne capitalizza le competenze acquisite on the job e in questo modo perde in produttività più di quanto riesca a risparmi con l’adozione di contratti a termine. 
Questi risultati delineano un quadro complessivo che vede la penalizzazione dell’investimento in capitale umano dovuta prevalentemente, ha spiegato Ricci, “alle caratteristiche della struttura produttiva del paese, specializzata in settori che non richiedono elevate tecnologie e qualifiche professionali,  composta da imprese medio-piccole e da una demografia della classe imprenditoriale mediamente più anziana e meno istruita rispetto alla media europea. Ciò tenderebbe a favorire un modello competitivo che privilegia la compressione dei costi di del lavoro piuttosto che l’investimento in capitale umano ed in innovazione tecnologica”. 
Il dibattito che è seguito alla presentazione dei dati, moderato da Marco Centra, Responsabile dell’area Analisi e valutazione delle politiche per l’occupazione, ha visto l’intervento di Leonello Tronti, responsabile dell’Ufficio per la formazione del personale delle pubbliche amministrazioni del Ministero per la Pubblica amministrazione e l'innovazione, che ha sottolineato l’importanza della socializzazione delle competenze e l’opportunità di incoraggiare la creazione di “comunità di conoscenza” tra imprese per ricostruire un sistema e una comunità produttiva.
Un richiamo a studiare più attentamente le imprese è arrivato poi da Claudio Gentili, Direttore Education di Confindustria, che ha posto l’accento sulla necessità di considerare nelle analisi la elevata eterogeneità settoriale del nostro tessuto produttivo.  Da Gentili è venuto poi un invito a non trascurare le attività di orientamento per indirizzare al meglio la formazione e per armonizzare l’offerta formativa con la domanda di lavoro.
L’investimento in capitale umano è dunque tra i principali filoni di indagine Isfol, come ha ricordato il Direttore Generale Aviana Bulgarelli, che ha invitato a una riflessione sull’opportunità di attualizzare la categorizzazione tra competenze generaliste e specialistiche guardando alla nuova indagine PIAAC che indaga l’insieme delle competenze spaziando da quelle alfanumeriche a quelle cognitive, dal problem solving al lavoro in team. Da sottolineare anche il contributo di Paolo Piacentini, Docente di Economia della produzione e del lavoro dell'Università la Sapienza Università di Roma, che ha ricordato il ruolo centrale dell’investimento in capitale umano nelle recenti dinamiche di globalizzazione dei mercati e della produzione.
L’intervento di Emiliano Mandrone, ricercatore Isfol tra i coautori del volume, ha infine ricordato la funzione dell’investimento in istruzione come fattore di mobilità sociale.

 

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