Debolezze strutturali e segni di ripresa: la fotografia del Censis
Copertina Rapporto Censis 2010
02.12.2011 - Valore dell’economia reale, lunga durata, articolazione socio-economica interna, relazionalità, rappresentanza: possono essere questi i punti di riferimento utili, in Italia, per superare il periodo di crisi che stiamo affrontando. E’ quanto ha sottolineato Giuseppe De Rita, questa mattina, nel corso della presentazione della 45ª edizione del Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, ricordando che “potremo superare la crisi attuale se, accanto all’impegno di difesa dei nostri interessi internazionali, sapremo mettere in campo la nostra vitalità, rispettarne e valorizzarne le radici, capirne le ulteriori direzioni di marcia”.
Il volume, che raccoglie e sintetizza in dati e analisi i principali fenomeni socio-economici del Paese, dedica la terza parte al tema della formazione e del lavoro, nei due capitoli intitolati Processi formativi e Lavoro, professionalità, rappresentanze. Nel testo si ribadisce il triste primato italiano di giovani Neet (not in education, employment, or training, cioè i giovani che non studiano nè lavorano): la percentuale è aumentata con l’inizio della crisi economica, passando dal 20,5% del 2009 al 22,1% dell’anno successivo, nella fascia di età compresa fra i 15 e i 29 anni. Per quanto riguarda invece i dati numerici di iscritti ai percorsi triennali di istruzione e formazione professionale la percentuale è ancora bassa (il 6,7% rispetto al totale degli iscritti al secondo ciclo di istruzione) con un incremento dello 0,4% negli istituti tecnici e un calo del 3,4% negli istituti professionali a fronte di un aumento di richieste da parte delle imprese. Anche sulla mobilità transnazionale l’Italia è largamente al di sotto della media europea, dati negativi anche nella percentuale di adulti coinvolti in processi di apprendimento: il 6,2% nel 2010 (3 punti in meno rispetto alla media Ue), ben distante dall’obiettivo del 15% della strategia Europa 2020.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro sono i giovani a risentire in maniera particolare della crisi: quasi 1 milione di occupati in meno tra il 2007 e il 2010 mentre nelle generazioni più mature i livelli occupazionali sono aumentati: +7,2% tra i 45-54enni e +12,9% tra i 55-64enni. Il lavoro sommerso non registra segnali di flessione: nell’industria tra il 2008 e il 2010 c’è stata una contrazione del 10,5% del lavoro regolare e una crescita di quello sommerso del 5,5% mentre nel settore del commercio e del turismo si è passati dal 17,9% al 18,7%.
La possibile via d’uscita secondo De Rita non è assegnare potere decisionale alla finanza poichè le politiche non devono subire passivamente le regole degli organismi finanziari che “possono fare rigore ma non sviluppo”.