"ANNI '70 - I peggiori anni della nostra vita"

L'Italia che non c'è più

Copertina libro anni 70

Copertina libro anni 70

18.04.2011 - Ci sono dei periodi che più di altri segnano la storia di un Paese. L'analisi del decennio di mezzo del secondo novecento è l'esercizio letterario contenuto nel volume “Anni '70 - I peggiori della nostra vita”, curato da Giuliano Cazzola, Simonetta Matone, Filippo Mazzotti e Domenico Sugamiele per la collana “i Grilli” delle edizioni Marsilio, presentato pochi giorni fa a Roma. Cosa sono stati gli anni '70? Quale eredità hanno lasciato? Sono le domande a cui hanno provato a rispondere gli autori. Si tratta di un viaggio a ritroso per capire il presente.

Può accadere, infatti, che età di mezzo, siano attraversate da venti contrastanti e contrapposti che necessitano di un'aggiunta di riflessione, da compiersi però, diversi anni dopo l'avvenuto svolgersi dei fatti, proprio per vedere gli avvenimenti secondo una prospettiva ampia e distaccata dal clima di quel periodo.

I curatori hanno toccato i vari aspetti delle politiche dell'epoca: da quelle economiche, a quelle dell'istruzione, passando per quelle di welfare, la spesa pubblica, il settore pubblico, le modalità di fare relazioni industriali, il mercato del lavoro, non tralasciando i profili che caratterizzavano le visioni culturali degli anni '70. E' un viaggio dentro la società italiana di quel periodo, per mettere in evidenza, quanto sia cambiata e stia cambiando ancora l'Italia di oggi. Sono passati quarant'anni, ma sembra un eternità, considerate le trasformazioni epocali avvenute nel frattempo, come la globalizzazione. Tutto non è più come prima e per affrontare le sfide di oggi occorrono nuovi paradigmi d'interpretazione delle dinamiche sociali, diventate molto più complesse di un tempo.

Secondo il Ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, si legge nella prefazione del volume, si tratta di “liberare il futuro del paese” attraverso “libertà e responsabilità delle persone, delle famiglie, dei corpi sociali cui spetta, molto più che allo Stato, lo sforzo di riannodare il tessuto connettivo che si è andato consumando”.

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