Uno studio Ocse-Sopemi esamina i dati dell'ultimo anno in materia di flussi

Migrazioni internazionali

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Migrazioni internazionali

03.03.2011 - La migrazione internazionale viene considerata sempre di più una questione prioritaria nell'agenda politica dei Paesi membri dell'Ocse. A questo proposito Sopemi (Sistema di Osservazione Permanente sulle Migrazioni) e Ocse hanno pubblicato il Rapporto International Migration Outlook 2010 che analizza i recenti sviluppi in materia di flussi e politiche migratorie.
Un primo dato che merita attenzione riguarda il calo nel 2008 delle percentuali relative all’immigrazione regolare di tipo permanente (- 6%) che per la prima volta dopo cinque anni consecutivi diminuisce. A causa della crisi economica il declino dei flussi è proseguito anche nel corso del 2009 e ha coinvolto, a differenza del passato, la maggior parte dei paesi Ocse. 
Stessa sorte anche per la migrazione temporanea che dopo anni di crescita, a partire dal 2008, ha iniziato un lento declino (- 4%). In particolar modo ne fanno le spese i lavoratori immigrati che più degli altri hanno risentito della crisi economica ed occupazionale che si è abbattuta sull’Europa.

Di tutt’altro tenore le statiche sui flussi di studenti internazionali. Tra il 2000 e il 2007 i giovani che migrano per motivi di studio sono raddoppiati raggiungendo i 2 milioni. Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia e Australia sono i principali Paesi di destinazione. In particolare, gli aumenti più consistenti hanno avuto luogo in Nuova Zelanda e in Corea, seguite da Paesi Bassi, Grecia, Spagna,
Italia e Irlanda.   
Se si rovesce la prospettiva dell’analisi dei flussi e si osserva dal punto di vista dei Paesi di origine, salta a gli occhi che nel 2008 il 10% del totale dell’immigrazione proviene dalla Cina mentre quella
proveniente da Polonia, India e Messico incide per meno della metà. Rispetto ai flussi osservati, verso la fine degli anni '90 gli incrementi più elevati provengono da Colombia, Cina, Romania e Marocco.

Interessante l’analisi del rapporto tra immigrazione e occupazione. Secondo la ricerca, tra il 2003 e il 2007 il 59% della crescita demografica nella maggior parte dei paesi Ocse è ascrivibile alla migrazione internazionale. In particolare gli immigrati rappresentano fino a un terzo della nuova popolazione in età lavorativa e questo incide fortemente sui tassi di occupazione. In questi termini si spiega perchè il 51% della crescita occupazionale derivi dagli incrementi del tasso occupazionale dei soggiornanti e il 39% dalla migrazione internazionale.

In questo quadro però è intervenuta la crisi, che negli ultimi anni ha investito tutta l’Europa e non solo. A questo proposito il Rapporto rileva un impatto molto forte della crisi economica proprio sulla disoccupazione degli immigrati nell'area Ocse. I giovani nati all'estero, infatti, hanno sperimentato cali maggiori di occupazione rispetto ai giovani nativi. In concreto, mentre la riduzione totale dell'occupazione giovanile (15-24) si è attestata al 7% dopo il secondo trimestre del 2008 per i giovani immigrati si è registrato un calo pari al doppio di tale livello.
L’analisi di genere sottolinea anche un altro aspetto, ossia le donne immigrate hanno subito gli effetti della crisi in misura inferiore rispetto agli uomini dal momento che questi ultimi sono occupati principalmente nei settori che hanno maggiormente sofferto (edilizia, industria, finanza).

In senso più generale il rapporto esamina alcuni aspetti relativi alla recente situazione degli immigrati nel mercato del lavoro.
Il quadro che emerge obbliga ad alcune riflessioni e soprattutto ad interventi politici. A cominciare dal fatto che gli immigrati tendono a essere sovrarappresentati in settori sensibili alle fluttuazioni economiche con tutto ciò che questo può significare in termini di  ricadute occupazionali. Non meno importante il fatto che essi sottoscrivano in genere accordi contrattuali meno sicuri e occupino più spesso impieghi temporanei: A questo si aggiunge che hanno più raramente incarichi permanenti mentre possono essere soggetti a licenziamenti selettivi.


Di fatto gli immigrati possono essere esclusi dall'ambito di International Migration, applicazione di alcune misure la cui eleggibilità è esplicitamente o implicitamente legata alla durata del soggiorno nel Paese o allo statuto amministrativo, quali regimi lavorativi nel settore pubblico o quelli che richiedono una permanenza minima o contratti permanenti.
Nel complesso i risultati del Rapporto 2010 confermano che sono stati fatti molti passi in tema di migrazione ma tanti altri rimangono ancora da fare. Fondamentale è condividere la convinzione che il fenomeno dell’immigrazione, se adeguatamente gestito, può rappresentare una risorsa per il futuro dell’Europa.

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