Intervista a Francesca Bergamante

Novità editoriali. "Occupazione e Maternità: modelli territoriali e forme di compatibilità"

Intervista a Francesca Bergamante

Intervista a Francesca Bergamante

06.05.2011 - Il nuovo volume, pubblicato da Isfol, affronta il tema dell’impatto della maternità sul lavoro femminile. Attraverso l’osservazione dei diversi modelli di welfare, lo studio intende ricomporre le varie chiavi di lettura di questa relazione. Nel farlo, inserisce il tema ‘maternità e lavoro delle donne’ nel contesto più ampio della struttura delle policy nonché delle caratteristiche del mercato del lavoro nazionale e locale.

Francesca Bergamante, ricercatrice Isfol, ha curato il volume e l’ha redatto insieme a Tiziana Canal, Maurizio Curtarelli, Valentina Gualtieri, Manuel Marocco, Maria Parente e Andrea Ricci dell’Area “Analisi e Valutazione delle Politiche per l’Occupazione”.

In questa intervista, Francesca Bergamante, ci illustra alcuni risultati del lavoro.


La maternità risulta avere un forte impatto sulla vita lavorativa delle donne. Quali sono le risposte più efficaci dei sistemi di welfare nel panorama europeo?

Tra i paesi europei ci sono forti differenziazioni nei tassi di occupazione femminile, ma le differenze appaiono ancor più marcate considerando i dati relativi all’occupazione delle madri. Esiste infatti una relazione inversa tra il tasso di occupazione delle madri e il numero di figli e tale legame emerge soprattutto considerando le donne con più di un figlio.
In Italia l’occupazione delle donne 25-49enni con figli con meno di 15 anni (che teoricamente dovrebbe essere quella in cui si investe di più dal punto di vista lavorativo) è tra i più bassi in Europa (considerando la UE a 15 paesi). Al contrario ad esempio i livelli occupazionali delle madri svedesi sono molto alti e rimangono tali anche considerando donne con tre figli. La ragione di questa eccellenza è dovuta al sistema di welfare svedese che, tra l’altro, genera un’ampia offerta di servizi di cura per i bambini tra 0 e 3 anni, rendendo quindi inutile il ricorso a nonni o baby-sitter. E’, infatti, ampiamente dimostrato che il problema dell’equilibrio tra lavoro e cura dei bambini è di cruciale importanza nella fase in cui i bambini sono molto piccoli, cioè sotto i 3 anni.

Come si inserisce il sistema di welfare italiano in questo contesto internazionale e quali sono gli strumenti finora più efficaci messi in campo dal legislatore nazionale?

 

Il sistema di welfare italiano è sostanzialmente basato sul modello del male-breadwinner in cui, appunto, l’uomo è l’unico percettore di reddito. Questo modello di fatto orienta le scelte di policy sul tema della famiglia e anche l’offerta di servizi di cura per i bambini che, rispetto ai paesi europei esemplari, risulta ancora non adeguata. Nei Paesi Scandinavi in particolare da molti anni sono state implementate politiche per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, mentre in Italia il dibattito è abbastanza recente. Negli ultimi anni molti comuni italiani hanno realizzato investimenti nei servizi di child-care (si è infatti passati da una percentuale di comuni coperti dal servizio del 39,2% nel 2004, ad una del 51,7% nel 2008), ma l’offerta di cura formale per i bambini italiani è ancora insufficiente.
Inoltre diversi interventi legislativi e di indirizzo, a partire dalla L. 53 del 2000, hanno inteso intervenire sul tema della conciliazione tra lavoro e impegni familiari. In ultimo il recente accordo tra Governo e Sindacati sulle Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro ribadisce l’importanza della L. 53/2000 e decide la creazione di un tavolo tecnico di lavoro.

A cosa si deve a suo avviso la scarsa condivisione maschile della cura familiare? Quanto pesa il modello culturale?


In Italia risulta ancora evidente una scarsa condivisione maschile della cura familiare. Alcune proposte vedono nell’istituzione del congedo di paternità uno strumento in grado di favorire la divisione del lavoro di cura tra i genitori. La partecipazione dei padri è aumentata molto nei paesi in cui, oltre ad essere stato istituito il congedo di paternità, è stato anche incentivato economicamente come ad esempio in Danimarca e Svezia. In particolare, l’esperienza svedese suggerisce che la flessibilità nell’utilizzo dei congedi parentali e la possibilità di congedi part-time per entrambi i genitori contemporaneamente, favoriscono una più equa distribuzione dei carichi di cura nella famiglia. Se da una parte il modello culturale incide fortemente sulle modalità di gestione dei carichi familiari tra uomo e donna, dall’altra la mancanza di servizi genera ricadute negative sui tentativi di condivisione.

Mercato del lavoro femminile e congiuntura economica. Perché le donne sembrano meno colpite dalla crisi occupazionale?


Dal 2000 l’occupazione femminile in Europa e in Italia è cresciuta, pur rimanendo ancora al di sotto dell’obiettivo di Lisbona del 60%. La crisi economica ha in parte invertito questa tendenziale crescita.
Una lettura iniziale degli andamenti dei principali indicatori del mercato del lavoro può far pensare che la congiuntura negativa abbia maggiormente colpito gli uomini. In realtà, la situazione non sembra andare verso un’uguaglianza fra i sessi. Le donne sembrano conservare il proprio posto di lavoro perché più disposte ad accettare lavori flessibili, generalmente anche meno qualificati e tendenzialmente meno retribuiti. Ma se il lavoro retribuito femminile per certi versi tiene, quello di cura aumenta per riuscire a compensare la diminuzione delle entrate familiari che si aggraverebbe ancora di più se si dovesse pagare una baby-sitter o una retta di un asilo.


Misure di supporto alle famiglie. Quale quadro territoriale emerge dall’indagine?


Le analisi mostrano che in Italia in molte regioni si evidenzia una carenza di strutture di cura destinate ai bambini piccoli fino a 3 anni ed anche agli anziani. Tali mancanze sono ancor più marcate nelle realtà territoriali in cui è maggiore l’inattività femminile e più bassa l’occupazione. Si nota invece una relazione positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e un elevato tasso di copertura dei servizi per l’infanzia e gli anziani, in quelle regioni in cui il welfare può essere considerato “munifico” ovvero generoso e consistente.




Per saperne di più


Comunicato stampa


Vai al volume

Azioni sul documento