Più tecnica e più cultura per affrontare le sfide del domani
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Occorre investire su un aumento delle competenze e delle conoscenze delle persone, creando al contempo le giuste condizioni per un dialogo e uno scambio proficuo tra mondo dell'industria e mondo della scuola e dell'università. Questo è in sintesi il messaggio comune emerso dal convegno su “Formazione, competenze e competitività delle imprese”, svoltosi ieri a Roma presso l'università Luiss Guido Carli.
“Bisogna spingere gli atenei a realizzare piani strategici per formare le professioni del prossimo futuro” ha detto, Massimo Egidi, rettore della Luiss, aprendo i lavori del convegno. Per il prof. Egidi “servono competenze adatte per competere in un contesto economico sempre più internazionale”.
Domenico Mauriello, responsabile del centro studi Unioncamere, ha richiamato invece alcuni dati del progetto Excelsior, da dove risulta “che in Europa, tra il 2010 e il 2020, ci saranno 7 milioni di occupati in più e sarà pari a 16 milioni di unità la domanda di personale con elevate competenze, mentre diminuirà di 12 milioni quella per i profili più bassi, quindi le persone più qualificate tenderanno a trovare impieghi con mansioni più basse rispetto al loro livello di competenze e conoscenze, spiazzando così, quelli con profili inferiori”. Tracciato a grandi linee il quadro di come si muoverà il mercato del lavoro, Mauriello ha sottolineato che “le aziende chiedono, oltre alle competenze tecniche, buone capacità di lavorare in gruppo e di superare le barriere culturali. Tutto ciò si concretizza nel saper sviluppare competenze trasversali e multi disciplinari”.
L’economista Gian Maria Gros-Pietro, ordinario di economia dell’impresa alla Luiss, ha mostrato un moderato ottimismo per il futuro sulla base del fatto che i parametri della crescita economica indicati nell’aumento della popolazione mondiale, nell’accumulazione di capitale e nel progresso tecnologico, non si sono fermati. “Si tratta però – ha spiegato l’economista – di considerare con molta attenzione lo spostamento dell’allocazione dei prodotti e quindi della produzione verso altri mercati, come quello asiatico. Ciò implica, per noi europei, la necessità di aumentare le competenze adatte a servire nuovi consumatori che hanno tradizioni e culture diverse dalle nostre. Questo richiede nuove conoscenze di carattere culturale e gestionale, soprattutto nell’ambito delle risorse umane”.
Secondo il presidente di Vodafone Italia, Pietro Guindani “sono cinque le chiavi per avere dei buoni risultati sui mercati internazionali. Si tratta di attuare un progetto culturale - ha spiegato il manager – che metta le persone, nelle condizioni di sviluppare capacità di pensiero strategico su piattaforme globali, di acquisire competenze di carattere quantitativo, di imparare a ragionare in termini di interdisciplinarietà, di acquisire una dimensione di maggiore responsabilità, ovvero consapevolezza nei confronti della gestione dei processi aziendali ed infine assumere una nuova dimensione che superi il concetto dell’accumulazione in termini semplicemente materiali”.
Doris Pack, capo della Commissione educazione e cultura del parlamento europeo, ha ricordato che “l’Unione Europea, con il Trattato di Lisbona, si è posta l’obiettivo di contribuire a costruire un sistema d’istruzione di qualità, favorendo la mobilità delle persone e la collaborazione fra stati”. Per la Pack “bisogna fare in modo che i giovani riescano a scoprire presto quali sono le loro capacità ed attitudini e per aiutarli in questo processo c’è bisogno d’avere insegnanti sempre più formati”. “Parallelamente a ciò - ha aggiunto la rappresentate europea - si deve anche agire sull’aggiornamento dei programmi delle università, adattandoli alle esigenze delle imprese, non dimenticando mai però, che l’istruzione è sempre e comunque un investimento essenziale per lo sviluppo economico e sociale”.
Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha sottolineato che “dobbiamo guardare allo scenario futuro” e in questa prospettiva “è necessario migliorare l’occupabilità dei giovani, provvedendo anche alla riforma del sistema di reclutamento”. Va, in questa direzione, il recente accordo sottoscritto tra Confindustria e Conferenza dei rettori.
Per Antonio Tajani, vice presidente della Commissione europea “se vogliamo puntare sulla crescita dobbiamo fare in modo d’integrare il mondo della scuola e dell’università con quello dell’impresa e investire in ricerca applicata all’industria”. “Particolarmente interessante – ha detto Tajani - si è dimostrato l’Erasmus per i giovani imprenditori, nell’ambito del quale sono già partiti 4mila progetti”.
In questo periodo di crisi, per dare un futuro al vecchio continente, non bisogna mancare l’appuntamento con le giovani generazioni. E’ questo il richiamo, giunto da più parti durante la conferenza, che Androulla Vassiliou, commissario europeo per l’educazione, la cultura, multilinguismo e giovani ha raccolto e rilanciato, dicendo che “dobbiamo ridare fiducia ai giovani, riducendo lo scarto tra domanda e offerta di lavoro, perché se vogliamo che l’Europa cresca dobbiamo investire in ciò che abbiamo di più importante, ovvero nelle persone e nelle loro risorse”.
Il direttore dell’Isfol, Aviana Bulgarelli, intervenendo nella sessione pomeridiana, ha posto l’accento sulla necessità di valorizzare il capitale umano, dicendo che “dietro gli obiettivi posti da Europa 2020 c’è una importante scommessa da vincere, quella che sta nell’affermare che le competenze possedute dalle persone sono un fattore di sviluppo straordinario perché consentono incremento di produttività, innovazione e in ultima analisi rappresentano uno dei principali motori di sviluppo”. “La tendenza in atto” ha detto il direttore “è rappresentata dalla progressiva sostituzione dei lavori di routine da parte delle tecnologie, favorendo quelle occupazioni, trasversali a tutti i settori di attività economica, in cui si concentrano conoscenze e competenze, creatività e innovazione. Accanto a questo c’è anche un fenomeno di polarizzazione, costituito dal fatto che i lavori elementari sono destinati a crescere perché non sono caratterizzati da routine, basti pensare a tutti i servizi alle famiglie e alle imprese, come le pulizie, mansioni in cui è ancora importante il lavoro umano”. La Bulgarelli, guardando all’Italia, ha sottolineato “che tra le criticità c’è la presenza numerosa di laureati in discipline umanistiche che non trovano riscontro nel mercato del lavoro e pochi laureati in materie scientifiche e tecniche, molto ricercati dalle industrie”. Il direttore, ha aggiunto in conclusione, che “nel nostro Paese manca un filone d’istruzione tecnica superiore di tipo non accademico, nonostante questo abbia un eccellente matching con il sistema delle imprese, come dimostrato dall’esperienza del centro-nord Europa”.
Isfol - Education and skills for business competitiveness
Isfol - Professioni e livelli di competenze in Italia e in Europa