Quali politiche per la ripresa? La parola agli esperti
Occupazione femminile
22.06.2011 - "La prima cosa da fare è valutare l’impatto di genere della crisi e delle politiche di contrasto della crisi, in modo da consentire di scegliere misure che incentivino la ripresa rispettando l’eguaglianza di genere. Questo significa tener conto delle nuove realtà del mercato del lavoro e della famiglia: non solo il fatto che il lavoro delle donne rappresenta ormai un elemento importante di sostegno del reddito familiare, ma anche che l’attaccamento crescente delle donne al mercato del lavoro si è sviluppato per ragioni indipendenti dalla necessità di fornire un contributo al reddito familiare. Occorre dunque evitare di adottare misure che privilegino l’occupazione maschile a scapito di quella femminile, che cioè rimandino a casa le donne per far spazio all’occupazione maschile"
Prof.ssa Anna Maria Simonazzi
"Se valutiamo l’impatto diretto che questa crisi ha avuto sull’occupazione femminile, confrontata con quella maschile, possiamo dire che sia stato meno forte, in particolare perché gli effetti della crisi si sono concentrati su alcuni settori dove la presenza maschile è superiore rispetto a quella femminile. C’è però da notare che questa crisi ha interrotto quella lenta crescita che aveva caratterizzato il tasso di occupazione femminile in Italia a partire dagli anni duemila…"
"È il primo anno che il tasso di occupazione femminile italiano non cresce, ma registra un leggero calo rispetto all'anno precedente. Questo dato ci deve fare riflettere: in Italia abbiamo il tasso di occupazione femminile più basso in Europa (con la sola eccezione di Malta), pari a circa il 46,5%, ma il dato era sempre stato in crescita negli ultimi anni. È questo il primo anno in cui siamo tornati un po’ indietro"
Prof.ssa Paola Profeta
"La crescita dell’inattività femminile, specie tra le donne con livelli di qualificazione più bassi, è in generale legata fenomeni di scoraggiamento ovvero al ripresentarsi del tradizionale ruolo in famiglia con l’abbandono della ricerca di un impiego"
Prof.ssa Maria Grazia Rossilli
"L'incremento di lavoro precario, di quel lavoro discontinuo che ha sempre visto le donne come le maggiori destinatarie di queste tipologie contrattuali, finisce per scaricarsi di nuovo sulle donne"
Prof.ssa Donata Gottardi
"Io ritengo che occorra difendere e potenziare le infrastrutture sociali non tagliando la spesa sui servizi. Una spesa che risulta a mio avviso già bassa nel nostro Paese rispetto agli altri [...] Occorre inoltre, in particolare quando le risorse sono scarse, analizzare e valutare attentamente le spese quindi in questa ottica a mio avviso sarebbe importante non essere ciechi al diverso impatto di genere delle politiche pubbliche e attuare in modo diffuso un’analisi di impatto di genere delle politiche pubbliche e dei bilanci pubblici"
Prof. ssa Tindara Addabbo
"non investire nei servizi e nella scuola, o disinvestire dai servizi e dalla scuola, e' miope, non solo dal punto di vista dell'occupazione femminile e come strumenti di conciliazione famiglia-lavoro, ma insieme dal punto di vista dei bisogni insoddisfatti e del modo in cui ci attrezza per la ripresa"
Prof. ssa Chiara Saraceno
"Penso ovviamente anche a interventi che facilitino il lavoro femminile, asili nido, scuole materne, tempo pieno alle elementari. E orari full time, non perché i bambini vi vengano parcheggiati 24 ore al giorno, bensì per allinearsi alla enorme varietà dei tempi di lavoro odierni"
Prof. ssa Maria Luisa Bianco
"Una delle priorità è la revisione degli ammortizzatori perché il sistema attuale basato sulla cassa integrazione da un lato e sull’indennità di disoccupazione dall’altro da sempre favorisce i lavoratori meglio inseriti nell’occupazione a scapito dei nuovi entranti (giovani donne e giovani uomini), di chi rientra (soprattutto donne) e dei meno inseriti (i cosiddetti precari fra i quali le donne sono sovra-rappresentate). Per giunta, il principio secondo cui l’indennità che il disoccupato riceve è proporzionale al reddito guadagnato in precedenza penalizza ulteriormente le donne dal momento che guadagnano di meno"
Prof. ssa Francesca Bettio
"Sistemi di monitoraggio e sgravi fiscali alle imprese che offrono pacchetti family friendly che permettono di ridurre i costi di lavorare e avere figli e riducono la discriminazione delle carriere femminili"
Prof. ssa Daniela Del Boca
"Se in questi elementi quantitativi si potrebbe pensare che la crisi sia stata meno grave per le lavoratrici, in altri aspetti di natura qualitativa si è osservato invece che le donne hanno subìto costi maggiori, nel senso di essere più spesso in condizioni di precarietà o di non protezione, sia perché non godono delle coperture della Cassa Integrazione nei servizi e nelle piccole imprese, dove operano con più elevata probabilità, sia perché non esistono generali sussidi di disoccupazione alla fine dei contratti a tempo determinato, o di quelli di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto, dove esse costituiscono la quota maggioritaria"
Prof. ssa Fiorella Kostoris
"La minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro produce due effetti negativi che influenzano il processo di accumulazione del capitale umano e quello della formazione dei redditi da lavoro e da capitale. Il contenimento della spesa pubblica a livello locale si è poi riflesso sulla creazione dei servizi di cura per i bambini e per gli anziani che scoraggia le donne a sostenere costi elevati nella ricerca di nuovi posti di lavoro e che quindi influenza i processi di mobilità sia orizzontali sia verticali"
"Si percepisce un calo di attenzione, una riduzione dell’interesse sui temi di genere che sono considerati di nicchia nelle organizzazioni, e che sono percepiti come meccanismi redistributivi più che produttivi"
Prof. ssa Luisa Rosti
"La crisi economica ha di fatto arrestato i progressi degli anni precedenti, senza far fare grandi passi indietro ma costringendo le donne a rimanere ferme su posizioni di forte svantaggio e ridimensionando le ambizioni di recupero"
Prof. Alessandro Rosina
"L'Italia crea poca occupazione per le donne, soprattutto perché crea poca occupazione nei servizi educativi, sanitari e sociali [...]
Il problema più serio per le donne è la stretta della spesa pubblica, e in particolare dei trasferimenti agli enti locali, che sta già comportando una riduzione dell’offerta di alcuni servizi educativi e sociali, con un duplice impatto negativo. Da un lato, una minore occupazione delle donne, perché questi servizi sono ad elevata intensità di lavoro femminile; dall’altro una peggiore condizione di vita delle donne, perché questi servizi sono principalmente destinati ad alleviare i carichi di lavoro familiare cui sono soggette le donne"