Intervista a Francesca Di Giovangiulio - Isfol

Speciale Ripartire dalle donne

Donna_al_lavoro_Isfol

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31.05.2011 - Francesca Di Giovangiulio, ricercatrice Isfol dell’Area Ricerche sui sistemi del lavoro, coordinatrice della sezione “Quali politiche per la ripresa? Una riflessione con gli esperti del settore” contenuta nel volume "Mercato del lavoro e politiche di genere 2009-2010. Scenari di un biennio di crisi", si sofferma in particolare  sui risultati emersi dalle analisi regionali.

La crisi ha una forte connotazione territoriale e qual è il ruolo del territorio in questo scenario?

Un ruolo assolutamente determinante come emerge dalla sezione II del volume. Ogni regione presenta un propria configurazione del mercato del lavoro in cui la componente femminile è variamente rappresentata, una propria geografia e tradizione produttiva, e quindi una diversa dinamica di genere della crisi. Questa riflessione è stata condotta assieme ad un panel significativo di Amministrazioni regionali, che ha verificato con Isfol l’incidenza di genere della crisi all’interno di tutte le categorie del mercato del lavoro: giovani, over 50, stranieri e ha cercato di metter in luce le politiche e le azioni messe in campo per contrastarne gli effetti. Una forte collaborazione che ha portato a riflessioni originali e condivise, che mai come oggi portano a rivendicare agli studi di carattere territoriale una forte valenza euristica.

Cosa emerge da questa lettura territoriale della crisi in ottica di genere?
In premessa va ricordato che l’investimento da parte del governo e delle Regioni in ammortizzatori sociali (dall’Accordo del febbraio 2009 ad oggi) ha svolto una importante funzione di contenimento. A livello regionale, dove risiedono le competenze in materia di lavoro, in questi due anni di crisi lo sforzo maggiore si è concentrato sul mantenimento delle risorse al lavoro e, quindi, il potenziamento degli aa.ss soprattutto in deroga, anche col concorso dei fondi europei. Tali scelte hanno portato a ridefinire alcune priorità finanziarie ed a sacrificare interventi rivolti a target specifici, come le donne. Nonostante le strade peculiari di ogni Regione, per cui si rimanda alla sezione II, nel complesso è possibile affermare che ha prevalso un approccio generalista nelle politiche, in cui le donne sono solo in alcuni casi beneficiarie esplicite (ad esempio tramite la previsione di meccanismi di quota). Un approccio sorto anche in risposta al carattere non sempre prevedibile della crisi, che ha richiesto molta flessibilità e adattabilità degli strumenti. Le uniche politiche esplicitamente previste a favore delle donne restano quelle di “conciliazione tra vita e lavoro”. Un tema molto importante, ma che ha un rischio intrinseco: se le politiche per favorire l’occupazione femminile sono solo queste, si rischia di riprodurre l’erroneo messaggio che la conciliazione è e resta un problema “delle donne” depotenziando il ruolo degli equilibri di genere nella coppia, delle organizzazioni del lavoro e dei contesti urbani di riferimento. Le strade da affrontare sono evidentemente molteplici.

Stante questa situazione, quali possono essere allora le molteplici strade da intraprendere per superare le criticità dell’occupazione femminile di questi anni?
Per rispondere a tale quesito abbiamo interpellato un gruppo di esperti di rilievo in ambito economico, mercato del lavoro e tematiche di genere. Tutti concordano sul fatto che sono necessari interventi a più livelli per combattere l’arresto della crescita occupazionale, l’incremento del precariato ed il progressivo aumento dell’inattività che, nell’ultimo biennio, hanno caratterizzato il mercato del lavoro femminile. Primo fra tutti si richiede il potenziamento delle infrastrutture di supporto alla cura. Garantendo, infatti, più servizi, ma soprattutto servizi più accessibili e flessibili, si consentirebbe una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e si genererebbe, indirettamente, un potenziale di nuova occupazione. Ma la creazione di occupazione aggiuntiva va sostenuta anche e soprattutto direttamente, attraverso una serie di strumenti finanziari e fiscali per le aziende che assumono donne e agevolazioni per le imprese family friendly, oltre agli ormai noti incentivi all’imprenditoria femminile. Il dibattito è ancora vivo tra le diverse strade possibili, che coniughino tassazioni differenziate per genere, con il principio di non discriminazione. In ogni caso, appare necessario non abbassare la guardia e sostenere una maggiore cultura della condivisione ed una più equa distribuzione dei carichi di cura all’interno del sistema famiglia, anche grazie ad una revisione della normativa in tema di congedi parentali. Attuale più che mai in questo senso, l’ipotesi di introduzione del congedo di paternità obbligatorio. Nel complesso, alla luce di questi contributi, illustrati nel dettaglio nella sezione III del volume, appare più che mai necessario che la politica utilizzi in maniera sempre più stabile ed efficace gli strumenti di valutazione ex ante e in itinere, perché solo attraverso questa operazione si è in grado di disegnare strade percorribili e rispondere puntualmente a domande come questa.
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