Persone senza dimora

La punta dell’iceberg della nuova povertà

18.10.2012 - Dal 1993, anno della risoluzione delle Nazioni Unite, il 17 ottobre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della povertà. In questa data, tradizionalmente, istituzioni e organizzazioni del terzo settore dedicano la loro azione alla lotta alla povertà, si ritrovano insieme e collaborano alle numerose azioni di sensibilizzazione.

Tra queste, l’iniziativa “La notte dei senza dimora” organizzata da “Terre di mezzo Onlus” in sei città italiane, nell’ambito della quale l’INMP, Istituto Nazionale per la Promozione delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà, è stato presente a Roma in Piazza dell'Immacolata, con un'équipe multidisciplinare polispecialistica per incontrare le persone che vivono in strada e fornire loro informazioni e indicazioni sul loro diritto alla salute e su come esercitarlo.

 Proprio una recentissima indagine condotta da Istat, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (Fio.PSD) e Caritas italiana ha fornito per la prima volta una quantificazione pur parziale del fenomeno delle persone senza dimora, contribuendo ad inquadrarlo nella giusta luce. Secondo tale ricerca sono 47.648 le persone senza dimora che tra novembre e dicembre 2011 hanno utilizzato un servizio mensa o accoglienza notturna nei 158 comuni italiani considerati dall’indagine. Tale numero corrisponde a circa lo 0,2% della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall’indagine, con un’incidenza più elevata nel Nord-ovest (0,35%) – a seguire Nord-est (0,27%), Centro (0,20%), Isole (0,21%) e Sud (0,10%). Milano e Roma sono le città che accolgono il maggior numero di persone senza dimora (circa 21 mila), segue Palermo con circa 4 mila. “Questa indagine è partita dai numeri per raccontare storie di vita, per andare oltre i dati e mettere in primo piano le persone” ha detto, Enrico Giovannini, Presidente dell’Istat, in occasione della presentazione dell’indagine. Con questo lavoro “abbiamo fatto un passo importante per rendere visibili gli invisibili” ha aggiunto Linda Laura Sabbadini, direttore del Dipartimento per le statistiche sociali ed ambientali dell’Istat.

Le persone senza dimora sono per lo più uomini (86,9%), di cui quasi il 60% stranieri, prevalentemente rumeni, marocchini e tunisini. Hanno in media 42,2 anni, ma gli stranieri sono più giovani (il 47,4% ha meno di 34 anni, contro l’11,3% degli italiani) ed hanno un titolo di studio più elevato (il 43% ha almeno un diploma di scuola media superiore contro il 23% degli italiani, e il 9,3% una laurea).

La perdita del lavoro e la separazione dal coniuge e/o dai figli sono gli eventi più rilevanti che conducono alla progressiva emarginazione, seguono le cattive condizioni di salute. Quasi il 70% delle persone senza dimora, prima di essere in tale condizione viveva nella propria casa, percentuale più alta di 10 punti tra gli italiani, e l’80% degli stranieri aveva una dimora prima di arrivare in Italia. Circa il 70% ha perso un lavoro stabile e, tra questi, meno della metà ha un lavoro a termine, poco sicuro o saltuario, con un reddito medio mensile di 347 euro. Circa il 60% si è separato dal coniuge e/o dai figli. Più elevate le percentuali tra le donne, che rappresentano il 13,1% delle persone senza dimora (6.000): oltre l’86% ha vissuto almeno uno degli eventi sopra indicati (il 70% la separazione dal coniuge e/o i figli, il 55% la perdita di un lavoro stabile).

La visione romantica del clochard per scelta, quindi, non esiste e i dati emersi da questa indagine rappresentano solo la punta dell’iceberg. Vi sono infatti situazioni non rilevate, come ad esempio il numero delle persone che si rivolgono ai servizi (mensa o servizi igienici ad esempio) pur avendo una dimora, o, viceversa, il numero di quanti, pur non rivolgendosi ai servizi e riuscendo a sostenersi con occupazioni più o meno saltuarie, vivono in alloggi di fortuna.

Le misure di contrasto alla povertà assoluta avanzate dai rappresentanti di Caritas e Fio.PSD riguardano le garanzie del diritto al reddito minimo, alla residenza anagrafica, all’alloggio (da assicurare utilizzando i fondi strutturali europei in Italia, sottoutilizzati per mancanza di conoscenza) e, non ultimo, un cambio di prospettiva nelle politiche del lavoro, iniziando a considerare quest’ultimo non più solo nella sua accezione tradizionale di occupazione retribuita, bensì di “occupazione significativa”, ovvero attività da svolgere che crea valore all’interno di una comunità, favorendo la solidarietà e quindi percorsi di inclusione. Infine, il potenziamento delle reti intermedie tra istituzioni e cittadini, oggi in grande difficoltà a causa della crisi economica. Don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana ha sottolineato che “la povertà estrema mina il concetto stesso di persona e più in generale di cittadinanza” e Paolo Pezzana, presidente di Fio.PSD ha ricordato che “la mancanza di un’educazione adeguata, di una socializzazione familiare equilibrata e di una infanzia vissuta in modo sereno e accogliente incidono sui percorsi di vita delle persone e sul loro futuro”.

 Anche il sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali Maria Cecilia Guerra ha condiviso l’esigenza di potenziare le rete degli interlocutori, istituzionali e non, e di disegnare nuovi percorsi di inserimento lavorativo, ricordando come attualmente il Ministero sia impegnato sul fronte delle politiche di sostegno ai profughi e ai minori non accompagnati. Più delicati i temi dell’alloggio, problema in Italia ad oggi non sufficientemente presidiato, e delle conseguenze delle separazioni, argomento anch’esso non ancora sentito nel nostro Paese.

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