Retribuzioni eque tra uomini e donne
donna al PC con bambino
15.04.2013 - Il 15 aprile è l’Equal pay day. Istituita nel 2009 dalla BPW- Business and Professional Women- Europe, la giornata dell’eguaglianza salariale e retributiva fra donne e uomini, intende denunciare come anche la crisi sia l’ennesimo alibi per non favorire le donne nell’accesso al mercato del lavoro e ad una equa remunerazione. Nonostante le leggi nazionali e internazionali prevedano parità di trattamento e di retribuzione.
L’Equal Pay Day simboleggia il giorno fino al quale le donne devono lavorare per guadagnare lo stesso stipendio che gli uomini hanno guadagnato l’anno prima.
Il 15 aprile si organizzano attività ed eventi in ogni Paese per svolgere un’opportuna sensibilizzazione in merito al divario retributivo ancora esistente, spingere i governi e le imprese a cambiare la loro politica di genere e rendere il gap salariale illegale, facendone un argomento da diffondere nei media e nella società civile.
Da molti anni l’Isfol si occupa dello studio dei differenziali retributivi di genere, inserendo il tema in tre filoni di indagine che si integrano tra loro, uno legato al capitale umano, il secondo alla contrattazione integrativa e il terzo alle politiche.
Il primo campo di ricerca analizza le differenze retributive in rapporto alla diversa dotazione di capitale umano in termini di titolo di studio ed esperienze formative.
In questo contesto le ultime analisi, per ora ancora non pubblicate, evidenziano che la dotazione di capitale umano in possesso della componente femminile del mercato del lavoro, che generalmente è più istruita di quella maschile, viene remunerata meno di quella maschile, a parità di tutte quelle caratteristiche che potenzialmente agiscono sui rendimenti. Come noto, spiega la ricercatrice Francesca Bergamante, il problema dei differenziali salariali è legato alle problematiche di conciliazione fra vita familiare e contesto lavorativo. Anche prendendo in considerazione le caratteristiche legate alla tipologia familiare e al carico di cura e assistenza all’interno del nucleo, le evidenze non cambiano. Permangono differenze tra uomini e donne in termini retributivi. In media una donna diplomata percepisce una retribuzione inferiore all'uomo in misura del 15%, a parità di altre caratteristiche. Tale valore nel caso delle donne laureate raggiunge il livello del 21% rispetto agli uomini con il medesimo titolo di studio.
Ma come è possibile che soggetti pari ruolo possano guadagnare in modo differente? Quali fattori contribuiscono a determinare questo divario? Andrea Ricci, ricercatore Isfol, ha illustrato nello studio 'Retribuzione integrativa e disuguaglianze di genere' il ruolo giocato in Italia dalla contrattazione integrativa nel determinare i salari, mettendolo in relazione al problema del differenziale salariale di genere e dimostrando una corrispondenza negativa tra la presenza femminile in azienda e la probabilità che vengano adottati premi salariali di performance.
Il terzo filone di indagine Isfol sul tema riguarda gli interventi possibili per migliorare la situazione. La complessità del problema e l'interrelazione dei fattori determinanti – spiega Valentina Cardinali, ricercatrice - non consentono di individuare una soluzioni unica. Il risultato finale si otterrà dalla combinazione di più interventi. Sicuramente si tratta di un problema che non si risolve lasciando libera azione al mercato. Requisiti necessari sono una volontà politica ed una spiccata sensibilità di genere delle parti sociali. L'ambito prevalente su cui intervenire è, a mio avviso, la remunerazione materiale e immateriale del fattore tempo. Fino a che la cultura aziendale premiante sarà ancorata al tempo quantitativamente speso sul lavoro, né donne né giovani, che hanno il diritto di costruirsi una qualità della vita riusciranno a beneficiare di premi e percorsi di carriera ancorati al merito. Fino a che la parte variabile del salario sarà il luogo principale della formazione delle discriminazioni indirette, il gap non si ridurrà. La giornata sul gender pay gap è allora l'occasione per chiedersi se non sia venuto davvero il tempo di ragionare sul valore economico del tempo, l'unica grande risorsa ancora non esauribile e grande chance di sviluppo economico.