Presentata la ricerca sulle grandi imprese
Azioni di accompagnamento
17.12.2015 – “Gestire l’età. L’age managment nelle grandi imprese italiane” questo il titolo del seminario organizzato ieri presso il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università la Sapienza di Roma dal gruppo di lavoro sull’invecchiamento attivo costituito da ricercatori dell’Isfol e della Sapienza.
Ad aprire i lavori è stata Filomena Racioppi demografa esperta di active ageing e coordinatrice insieme a Alessandra De Rose del gruppo di ricerca. Nella sua introduzione ha presentato i relatori spiegando l’obiettivo del seminario ossia presentare i risultati dell’indagine Isfol sulle buone pratiche realizzate dalle imprese private per fronteggiare il problema dell’invecchiamento della forza lavoro. A Pietro Checcucci coordinatore del gruppo sulle "Politiche del lavoro indirizzate a target specifici di popolazione" dell’Isfol è spettato il compito di introdurre finalità e scopi dell’indagine che “ha voluto indagare un settore poco osservato ossia quello della domanda e in particolare ha interrogato 152 aziende italiane di grandi dimensioni allo scopo di identificare, analizzare e diffondere le soluzioni adottate per il mantenimento e il reinserimento di lavoratori maturi nel mercato del lavoro e la loro valorizzazione professionale”. “A questa ricerca” ha annunciato Checcucci “ne farà presto seguito un’altra che indagherà i comportamenti delle piccole e medie imprese rispetto allo stesso tema”. La parola quindi è passata a Maria Luisa Aversa che ha illustrato i dati relativi agli interventi messi in atto dalle grandi imprese riguardo i lavoratori over 50. Ne è emerso un quadro secondo il quale quasi tutte le aziende svolgono interventi su dimensioni di age management come la ricerca e selezione del personale, la formazione, i percorsi di carriera o la tutele della salute. La maggior parte delle imprese (65 su 152) intervengono su tre dimensioni, 39 su quattro dimensioni e 11 addirittura su tutte e cinque le dimensioni analizzate mentre solo due dichiarano di non svolgere alcun intervento. I dati in sostanza dimostrano un atteggiamento di attenzione rispetto al tema da parte delle aziende che, come ha spiegato Luisa D’Agostino nella sua relazione “spesso mettono in atto le cosiddette pratiche promettenti intese come quelle situazioni embrionali potenzialmente in grado di svilupparsi in interventi di age management”. Il suo affondo si è concentrato proprio sulla parte della ricerca dedicata alle buone prassi realizzate dalle imprese. Da questa emerge che le aziende migliori sotto questo aspetto sono quelle capaci di mettere in atto una vera e propria gestione responsabile delle risorse umane che parte dalla presa di coscienza del tema dell’ageing, passando poi per l’analisi della struttura demografica dell’impresa e dei fabbisogni del personale fino ad arrivare alla progettazione e implementazione di progetti pilota con verifica finale dei risultati. Il Seminario è proseguito con una seconda parte, introdotta da Roberto Angotti, che ha inquadrato il tema dell’active ageing nell’ambito dell’esigenza di sviluppo del capitale umano, presentando i dati Eurostat sulla partecipazione formativa degli over 54 in Italia e in Europa nel periodo della crisi. Dal 2008 emerge un leggero miglioramento della posizione del Paese, che passa dal 18° all’11° posto in Europa, pur in presenza di fattori che ostacolano la partecipazione degli older. Stefania Belmonte ha quindi affrontato il tema del ruolo strategico del lifelong learning in un quadro di invecchiamento attivo fornendo un quadro delle questioni chiave legate alla valorizzazione delle competenze dei lavoratori maturi, alla relazione tra età e apprendimento in base alle principali indagini statistiche internazionali che leggono i fenomeni della formazione, alle dimensioni di intervento della formazione, chiamata ad affrontare problematiche nuove. Dall’analisi emerge che solo il 26,3% delle aziende intervistate ha attivato azioni specifiche volte a sviluppare le competenze dei lavoratori over 50 ma come i lavoratori maturi risultino comunque inseriti nei percorsi di formazione in generale rivolti ai lavoratori dalle imprese. La dimensione della formazione appare come trasversale alle diverse pratiche riscontrate confermando il suo ruolo centrale nell’affrontare le problematiche legate all’età. Tra le diverse modalità utilizzate, l’apprendimento intergenerazionale legato al tutoring e al mentoring (anche dai giovani agli anziani) risulta il più utilizzato e innovativo, in grado di favorire il dialogo intergenerazionale in impresa sul piano del passaggio di esperienze, competenze e valori.
Per approfondire:
L’age management nelle grandi imprese italiane : i risultati di un'indagine qualitativa
Slide Checcucci, Aversa, D’Agostino