Più del 19% degli occupati ha paura di perdere il lavoro
24.03.2014 – È del 19,2 la percentuale degli occupati italiani che teme di poter perdere il proprio lavoro. E’ questo il significativo dato che emerge dalla III Indagine Isfol sulla qualità del lavoro, che affronta anche il tema della job security. Analizzando gli andamenti relativi al periodo 2006-2010, in cui ricade l’esplodere della crisi economica, si riscontra un aumento di 1,5 punti percentuali. A rendere ancora più critica la percezione di instabilità lavorativa è la presenza nel proprio contesto lavorativo di tagli di personale: nel 2010 circa il 34% degli occupati che hanno assistito ad una riduzione del personale ha infatti timore di perdere il lavoro. Tale quota è cresciuta notevolmente rispetto al 2006, quando si attestava intorno al 23%, probabilmente anche in conseguenza alla congiuntura sfavorevole.
È la precarietà del rapporto di lavoro la caratteristiche che più di ogni altra impatta negativamente sulla job security: il 60,2% dei collaboratori e il 52,9% dei dipendenti con contratto a termine ritengono di poter perdere il lavoro. Inoltre i giovani, le donne, le persone che lavorano con orari ridotti, gli occupati in professioni non qualificate e che percepiscono una bassa retribuzione percepiscono maggiore insicurezza lavorativa. Chi lavora part-time percepisce un’insicurezza nel 25,8% dei casi a fronte del 17,7% di chi lavora full-time e chi ha una retribuzione inferiore ai 900 euro mensili si ritiene insicuro nel 28,3% dei casi (tale quota riferita a coloro che guadagnano almeno 1.750 euro netti mensili scende al 12%).
Anche il territorio assume una valenza rilevante ed emerge che gli occupati con un maggior timore di perdere il posto di lavoro risiedono nelle regioni meridionali: nel Mezzogiorno l’incidenza di job insecurity percepita si attesta al 22,5%, a questo dato si contrappone quello relativo agli occupati delle regioni del Nord-est (16,9%).
Importante anche l’ambito delle professioni. Sono, infatti, prevalentemente quelle non qualificate (26,3%), gli artigiani, gli operai specializzati (23,8%) e le professioni tecniche (20,9%) a percepire maggiore incertezza sul proprio futuro lavorativo. Sul fronte opposto si collocano gli impiegati (13,9%), e le professioni high skills (17,5% per i legislatori, dirigenti e imprenditori; 15,4% per le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) che con maggiore probabilità ricadono nelle forme contrattuali tipiche (dipendenti permanenti e autonomi).
Dalla ricerca Isfol emerge quindi che sono i contesti produttivi con maggior ricorso al lavoro atipico o la minor tutela della stabilità quelli dove gli occupati percepiscono maggiormente la job insecurity.
Per maggiori informazioni:
Convegno Isfol “La qualità del lavoro. Evidenze nazionali e sovranazionali”