Studio Isfol sul sistema Italiano dei servizi per l'impiego
14.03.2014 – Offrire un nuovo punto di vista all’attuale dibattito sui centri per l’impiego in Italia è questo l’obiettivo dello studio Isfol “Lo stato dei servizi pubblici per l’impiego in Europa: tendenze, conferme e sorprese”, pubblicato sulla collana Occational Paper. La ricerca curata da Francesca Bergamante e Manuel Marocco affronta la tematica partendo da tre elementi indicativi quali costi, organizzazione e risultati.
In controtendenza rispetto alla maggior parte dei paesi europei, la crisi economica si sta traducendo in Italia in un depotenziamento del servizio pubblico. Ma invece che soffermarsi sulla contrapposizione tra pubblico e privato occorrerebbe puntare l’attenzione sul perché si continui a ricorrere alla mediazione informale più che a quella professionale, pubblica o privata che sia.
Per quanto attiene alle risorse finanziarie l’Italia dedica ai Centri per l’impiego (Cpi) lo 0,03% del Pil, contro una media Ue dello 0,25%. Ciò si traduce in un investimento di circa 500 milioni di euro, pari quasi alla metà di quanto spende la Spagna e ben distante dai 8.872 milioni della Germania o dai 5.047 milioni della Francia. Inoltre tra il 2008 e il 2011 i principali paesi dell’area euro hanno reagito alla crisi finanziando ulteriormente i servizi pubblici per l’impiego, agendo sulla spesa e sugli addetti; l’Italia, al contrario in termini assoluti ha investito quasi 200 milioni di euro in meno rispetto al 2008.
Un quadro analogo è quello relativo agli operatori, che in nel nostro Paese non arrivano a 9.000 contro gli 11.000 della Spagna, i 115.000 della Germania e i 49.000 della Francia.
In Italia il 33,7% dei disoccupati contatta un Cpi e solo il 19,6% si rivolge alle Agenzie per il lavoro (Apl). L’80% mostra comunque una maggiore fiducia nella capacità di “intermediazione” delle reti informali e il 66,6% nella diretta richiesta di lavoro alle imprese.
Nel 2011 la quota di persone collocate dalle Apl in Europa è pari all’1,8% di tutti gli occupati dipendenti che hanno trovato lavoro nell’anno di riferimento. I dati per singoli paesi variano da un minimo di 0,3% della Grecia al massimo del 2,9% per l’Olanda. l’’Italia si attesta sullo 0,6%. Dalla ricerca Isfol emerge chiaramente una maggiore capacità di collocazione dei Cpi. Infatti nel 2011 la media Ue a 15 raggiunge il 9,4%, con punte del 10,5% per la Germania e 13,2% per la Svezia. In Italia gli intermediati sono il 3,1% del totale dei dipendenti occupati nell’anno, valore cinque volte più elevato di quello delle Apl.
Viene sfatata inoltre anche l’idea che i Cpi costino troppo allo Stato. In realtà non è così: in Italia la spesa media per il collocamento di una persona è pari a 8.673 euro, a differenza dei 51.100 euro dell’Olanda, i 44.202 euro della Danimarca, i 21.593 euro della Francia e i 15.833 euro della Germania.
Dallo studio svolto si comprende che quindi l’Italia ha bisogno che il sistema sia potenziato aumentando il numero degli operatori, adeguando qualità e quantità dei servizi offerti; attuando la normativa relativa all’accreditamento dei soggetti privati; impegnando maggiori risorse pubbliche con un monitoraggio da parte dell’amministrazione centrale, per valutarne i risultati e per coglierne i punti di difficoltà.