Università e formazione permanente

La presenza di una nuova domanda formativa all’università, quelle relativa alla componente adulta con più di 25 anni, ha modificato di fatto nel corso dell’ultimo decennio, i compiti istituzionali e il ruolo sociale dell’accademia. La nuova utenza, rappresentata da una popolazione adulta, lavoratori e non, ad un primo accesso all’università o in ritorno, presenta quindi caratteristiche non tradizionali per l’università. Si tratta, infatti,  di adulti che intendono soddisfare un bisogno personale di crescita, di autorealizzazione; oppure con esigenze di aggiornamento o riconversione professionale; o  infine, per portare a termine percorsi interrotti precedentemente, e cogliere quindi una “seconda chance”.

Secondo i dati Almalaurea 2012, circa il 17 per cento degli studenti immatricolati ad una laurea triennale si è iscritta ad un’età non tradizionale (ovvero superiore a 19 anni), con punte del 35% nel settore medico/professioni sanitarie e del 42 % nel gruppo disciplinare afferente all’insegnamento.

Per quanto riguarda, in particolare, le politiche per l’apprendimento permanente all’Università, è utile ricordare come, nel decreto 270 del 22 ottobre 2004 all’art. 5, comma 7 era stata prevista la possibilità per le università di “riconoscere come crediti formativi universitari, secondo criteri predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative a livello post - secondario alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia concorso.” Il dispositivo di legge, quindi, apre alla possibilità di riconoscere, anche mediante attribuzione di crediti formativi universitari, gli apprendimenti maturati in contesti professionali mentre, al contrario, limita la possibilità di riconoscere i saperi provenienti dalla formazione ai soli apprendimenti alla cui origine vi sia l’impronta dell’accademia.

I successivi decreti ministeriali disciplinano il numero massimo di crediti formativi universitari che è possibile attribuire nei singoli cicli, in misura pari ad un terzo del totale e quindi 60 CFU per le lauree triennali e 40 per le lauree magistrali  (D.M. 9 marzo 2007 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 luglio 2007, relativo ai corsi di laurea, e  D.M. 16 marzo 2007 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 2007 relativo ai corsi di laurea magistrali) fino all’attuale previsione di 12 crediti, previsto nella legge 240 del 2010, art. 14.

Inoltre, nei Decreti attuativi del 2007, è rilevante l’esplicito riferimento, per la prima volta nell’ordinamento universitario, ai learning outcomes (risultati di apprendimento) e alle competenze come ‘obiettivi formativi’ dei corsi di laurea: “Nel definire gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea, le università specificano gli obiettivi formativi in termini di risultati di apprendimento attesi, con riferimento al sistema di descrittori adottato in sede europea, e individuano gli sbocchi professionali anche con riferimento alle attività classificate dall’ISTAT” (art. 3 comma 7).

Nel 2007 il Ministero dell’Università e Ricerca, presenta a Napoli il 17 marzo 2007 un documento programmatico dal titolo: “Linee di indirizzo - Università e Apprendimento permanente”. Tale testo si apre con l’affermazione per cui: “L’apprendimento permanente è destinato a diventare rapidamente un compito istituzionale dell’Università, a completamento della sua missione di soggetto fondamentale della ricerca e della formazione superiore”.  Nel documento sopra citato, il ruolo di sviluppo delle strategie di apprendimento permanente, e in particolare di collegamento tra la formazione universitaria e la formazione professionale, viene affidato ai Centri per l’apprendimento permanente (CAP). I CAP, inoltre, hanno il compito di “organizzare i servizi per le persone e per le  organizzazioni relativi a percorsi formativi articolati, su base individuale e/o sulla base delle esigenze delle organizzazioni, per aiutare le persone nel loro sviluppo professionale”. I Centri dovranno inoltre curare la formazione dei formatori necessari alla nuova tipologia di offerta didattica e realizzare un’effettiva partnership con il territorio, le organizzazioni professionali, le imprese.

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